Abbiamo chiesto a Roberto Marai un suo personale commento su Roma Amusement Show 2018
Lei è tra i fondatori del Consorzio FEE ed ha esposto al primo Roma Amusement Show 2018, svoltosi il mese scorso assieme a Enada Roma alla fiera capitolina. ‘Far pace’ con Enada Roma ha dato i suoi frutti?
“Aver ‘fatto pace’ non credo sia il termine più corretto. Insieme all’ente fiera abbiamo cercato di ricreare un evento fieristico che agevolasse la nostra clientela nel visitare l’evento; credo sia questo il motivo principale di questo riavvicinamento, non la nostra diretta comodità ma la comodità dei nostri clienti. Siamo riusciti a trovare un accordo commerciale con Italian Exhibition Group anche se, come prima esperienza, ci sono stati alcuni dissapori legati al fatto che il nostro interlocutore non si è rilevato serio quanto noi. Taluni accordi presi preventivamente, purtroppo solo in forma verbale, non sono stati rispettati. È quindi evidente che non faremo mai più nulla se non a seguito di una scrittura specificante i rispettivi compiti. Un esempio amaro e lampante è il muro divisorio che tutti avranno potuto notare che da accordi presi doveva essere di tutta altezza e invece è risultato essere alto solo un metro. Mi sento di dire che questa è una situazione che andava bene a IEG e Sapar perché così facendo forse si dava l’impressione che la fiera non fosse la poca cosa che ormai il comma 6 è diventato a Roma. A conti fatti, comunque, non possiamo nascondere che anche il nostro tipo di fiera sia in crisi. Si tratta di un evento che non ci gratifica e non ci ripaga degli sforzi economici che facciamo per organizzarlo. Rimane quindi una fiera tesa principalmente alla consolidazione del marchio e per ricordare ai nostri clienti e competitor la nostra ferma presenza in questo mercato. In conclusione, dovremo quindi valutare se ci sarà un prosieguo di quest’edizione a Roma. Saremo inoltre più accorti ad organizzare in maniera inappuntabile la fiera che FEE farà a Rimini con IEG assicurandoci tramite carta scritta e magari relative penali che venga rispettato tutto quello che viene concordato”.
Che umore si respirava tra gli operatori in fiera?
“Gli operatori del comma 6 che si ritrovano ora con le strade del loro business in fase di chiusura a causa di numerose tassazioni e sempre più potere ai concessionari, si sono riversati sul nostro settore dell’amusement per capire se c’era la possibilità di intraprendere nuovi affari. Ritengo però che tra queste persone poche diventeranno operatori dell’amusement-only. Non ho riscontrato grande propensione a rimettersi in gioco… presumibilmente a causa dei prezzi iniziali e del tipo di business che è sicuramente più povero di quello del gambling e prevede investimenti talvolta più importanti e con un rientro con tempistiche più lunghe. Ma nulla è facile all’inizio, sbaglio? Io credo fortemente che il nostro settore abbia bisogno di forze investitrici fresche, discendenti da settori industriali magari, o comunque abituati meno ‘bene’ di chi ha sempre lavorato nel settore dei comma 6”.
I convegni e le assemblee durante i giorni di fiera a cui sappiamo anche lei ha partecipato sono stati utili?
“Molto, e mi riferisco in particolare al convegno “Amusement, presunto colpevole: un dibattito sull’equivoco”, in cui il nostro consorzio FEE, assieme a New Asgi e Sapar Service, ha proseguito lungo quella strada della chiarezza sulla distinzione tra giochi amusement e gioco d’azzardo, avviata a settembre con i due incontri tra operatori a Rimini e Portogruaro a cui voi di Play Machine Europe avete già dato ampio spazio. Il consorzio FEE ha messo sul tavolo di interrogazione argomenti molto importanti e determinanti, anche per capire le eventuali problematiche che il gioco delle ticket redemption potrebbe portare ai giovanissimi. Si tratta di un lavoro che prevede grossi investimenti e che è stato approvato anche dai nostri colleghi europei tramite Euromat. La federazione continentale delle associazioni dell’automatico, che ci consente di mantenere una sinergia europea costante, è propensa ad offrire una versione inglese di tutta la documentazione che stiamo raccogliendo per presentare materiale conoscitivo anche ai nostri associati europei. Un lavoro di qualità ed impegnativo ma anche l’unica strada percorribile per arrivare a persuadere Governo e consiglieri regionali in primis, i quali attaccano il nostro settore facendo sempre una grande confusione”.
Ora è in partenza per la IAAPA Attractions Expo di Orlando, che visita tutti gli anni. Quella fiera e gli Usa possono insegnare qualcosa alle manifestazioni nostrane e all’Italia?
“La IAAPA negli Usa è sempre stata ed è tutt’ora la fiera di riferimento per il nostro settore. Tutti noi operatori dobbiamo andare a visitarla per imparare, osservare e trarre ispirazione. Viviamo purtroppo in un mercato che va a rilento; è inutile nascondere che ormai l’Italia non è più una tra le sette superpotenze mondiali. E ribadisco che per farla ritornare ad essere un paese importante c’è la necessità di attuare cambiamenti legislativi al passo con una ripartenza economica. Solo in quel momento potremo imparare a fare ‘meglio’ le nostre fiere. Detto altrimenti, sono convinto che il nostro modo di far fiere, completamente ridimensionato alla nostra realtà italiana, non sia sbagliato ma che sia il tessuto che ci circonda a non essere propizio al business e al miglioramento del nostro comparto”.