Torniamo sull’argomento escape room di cui abbiamo scritto in precedenza. Sentiamo cosa ne pensa Roberto Marai

La nostra chiacchierata questo mese verterà sulle escape room, una tipologia di attrazione che da un paio d’anni buoni ha fatto capolino anche in Italia. Grande il successo in Estremo Oriente, negli Usa, in Europa dell’Es. E in Italia?
“Le escape room sono un prodotto che non ho mai trattato personalmente, ma so per certo che da noi, anche se non sono diventate ‘un fenomeno’ come in certi paesi esteri, hanno però comunque riscontrato notevole successo. Rappresentano senza dubbio una forma alternativa di intrattenimento, riuscendo in pochi metri quadrati – si parla solitamente di una o due stanze di gioco – a riunire un gruppo di persone in un momento di divertimento e condivisione rendendo ognuno protagonista e artefice dello svolgersi della partita”.

Molti addetti ai lavori sottolineano però anche i limiti intrinsechi di questo genere di attrazione…
“Il primo limite a cui posso pensare è la tematizzazione, la quale necessita di esser cambiata periodicamente affinché la gente non si annoi. Nelle escape room, così come in tutte le sale giochi e Fec, una delle regole chiave del buon gestore è saper ‘rinfrescare’ continuamente il locale sia dal punto di vista del layout che degli apparecchi installati. Pertanto, anche in questo caso tutto sta nelle mani del gestore, o più correttamente (nelle escape room) del regista. Deve esser capace di presentare sempre qualcosa di nuovo e coinvolgente. Il cliente deve vivere emozioni, sensazioni che lo inducano a tornare altre volte nella stessa location, accompagnato magari da un nuovo gruppo di amici, quindi nuova clientela”.

Quello delle escape room è stato presentato a volte anche come un business facile: poco investimento e poche competenze richieste. Dal suo osservatorio conferma?
“Io credo che con l’improvvisazione non si faccia molta strada in nessun campo, escape room comprese. Solo chi dimostra dedizione, professionalità e passione riesce ad avere successo e ricavi. Osservo invece come siano stati numerosi i gestori che si sono affidati a catene specializzate ed hanno quindi aperto escape room in franchising o in partnership, utilizzando un format già prestabilito e curato nei minimi dettagli in modo da creare un’esperienza unica e divertente”.

Quello della professionalità che non c’è è un problema che sussiste anche parlando di sale giochi e Fec, secondo lei?
“Per quanto riguarda l’automatico italiano, non credo ci siano grandi fenomeni di impreparazione o mancanza di professionalità. La gestione di una sala richiede un grande lavoro ‘dietro le quinte’: dal direttore di sala all’organizzazione di eventi fino all’animatore che coinvolge i clienti. È quindi necessaria e fondamentale la professionalità affiancata sempre da una grande attenzione al particolare e alla sicurezza dei clienti stessi. A volte però, ritengo che venga a mancare in molti operatori italiani una visione più ampia dell’attività e i benefici che essa può portare. Sembra quasi che si tenda a voler adempiere al proprio compito giusto fin dove è ‘strettamente necessario’ e non di più. Questo ‘compito’ allora inizia e finisce con l’inizio e la fine della giornata lavorativa. Spesso insomma viene a mancare la passione, la dedizione e la tenacia nel voler trasmettere un messaggio di accoglienza positiva. Più volte ho sottolineato il fatto che il team che gestisce l’arrivo, l’accoglienza e il servizio clientela in un locale debba essere sicuramente preparato, ma soprattutto dinamico e con un forte senso di appartenenza e coinvolgimento nell’attività della sala affinché il cliente si senta coccolato e seguito in tutte le sue necessità”.